Una passione senza fine

Pubblicato
Lunedì
13 novembre 2023

Il direttore musicale de La bohème, Timothy Redmond, racconta del suo rapporto speciale con quest’opera e di quanto essa, a distanza di così tanto tempo dalla sua prima esecuzione, riesca ancora a suscitare emozioni intense nel pubblico. Il segreto? Finché le persone si innamoreranno (e smetteranno di amarsi) appassionatamente, La bohème ci parlerà ancora come se fosse stata scritta ieri.

Quale è stato il Suo primo incontro con la musica di Giacomo Puccini?

 

Il primo pezzo che ho conosciuto in profondità è stato il Preludio Sinfonico, scritto quando Puccini era ancora uno studente. Lo suonavamo nella mia orchestra giovanile; poi ho visto (e me ne sono subito innamorato) La bohème, ricordo che ero ancora a scuola…

Che difficoltà e sfide si incontrano quando ci si trova a dirigere i lavori di questo compositore?

 

Puccini pone certamente molte sfide, in particolare per quanto riguarda il ritmo e la coesione esecutiva, ma allo stesso tempo ti tiene per mano durante tutto il processo. La partitura è piena di piccole istruzioni che permettono di comprendere quali erano i suoi pensieri mentre scriveva: troviamo indicazioni come “rumore d’uno che ruzzola”, “sensibile”, “espressivo”, “con voce omogenea”…” con molta grazia ed eleganza”. E così, davvero, è come risolvere un gigantesco puzzle musicale!

Ne La bohème che vedremo a Bolzano e a Trento l’Orchestra Haydn si troverà sul palcoscenico condividendo lo spazio con i cantanti e la scenografia…

 

Penso che la possibilità di vedere l’orchestra aggiunga molto alla fruizione dello spettacolo. Ho diretto molte opere come questa e per il pubblico vedere ciò che di solito si sente solo dalla buca non fa che aumentare l’intensità dell’esperienza. L’Orchestra è il subconscio del dramma, ci dice cosa pensare e cosa sentire…vedere quindi i suoi componenti sul palcoscenico permetterà di comprendere pienamente il loro ruolo nella storia.

Quali sono, a suo avviso, gli aspetti che rendono la musica di Puccini, in particolare di opere come La bohème, così vicini alla sensibilità dei nostri giorni?

 

Puccini ha preso ispirazione da così tanti compositori! Nella sua musica si sentono echi di Wagner e Strauss, di Bizet e Debussy, del cabaret, di Verdi e di Mozart. Lui stesso ha ispirato innumerevoli compositori. Quando ascoltiamo Bernstein, Gershwin, Menotti sentiamo anche un po’ di Puccini, così come quando ascoltiamo le colonne sonore di tanti film hollywoodiani. Possiamo dire quindi che il suo mondo sonoro ci risulta del tutto familiare. Per questo motivo, Puccini è senza tempo e riusciamo a sentirlo così contemporaneo. E per quanto riguarda La bohème? Beh, finché gli studenti saranno pieni di idealismo e fiducia nel futuro, finché le persone si innamoreranno (e smetteranno di amarsi) appassionatamente e finché saremo costretti a confrontarci con l’insopportabile agonia della morte prima del tempo di una persona che amiamo, allora La bohème ci parlerà ancora come se fosse stata scritta ieri.

Un’ultima domanda per concludere: ci può svelare il momento che ama di più in quest’opera, quello che vorrebbe poter rivivere ancora e ancora e ancora?

 

Insieme al finale del secondo atto de Le nozze di Figaro, il secondo quadro de La bohème è di una perfezione assoluta. Raggiunge quel tipo di dramma che un regista o un drammaturgo possono solo sognare di ottenere. La frenetica energia sprigionata dalla folla è intervallata da scene ravvicinate con i nostri personaggi principali, ma l’opera consente conversazioni simultanee, cosa impossibile da ottenere con la parola. Così Rodolfo e Mimì possono perdersi nel loro mondo dei sogni, Marcello e Musetta possono nascondere il loro amore dietro le scintille dei loro litigi e Schaunard e Colline possono commentare ironicamente quello che accade, tutto allo stesso tempo. Il momento che rivivrei volentieri ancora e ancora? La fine di Quando m’en vo. Tutte le emozioni umane – amore, gelosia, speranza, disperazione, comicità – sembrano essere concentrate sul palcoscenico, ma Puccini ha altri assi nella manica. All’emozionante culmine dell’aria, l’orchestra esplode in un fortissimo mi maggiore, inondando il teatro di un’energia viscerale che non manca mai di travolgere. Poi, con un gioco di prestigio senza sforzo, l’orchestra continua con la versione più tenera del valzer, durante il quale Musetta e Marcello si abbracciano, Schaunard e Colline fanno “il teatrino” del pagamento del conto e, allo stesso tempo, il suono distante della banda che si avvicina emerge nella tonalità di si bemolle in modo diametralmente opposto dal punto di vista tonale e drammatico. Ci troviamo davvero davanti all’opera di un compositore all’apice delle sue capacità!